Inventario delle carni perdute
Carni da squalo al palo della Cuccagna,
al patibolo di salcicce e cinghiari
su trampoli inerpicando, gozzi
tubi famelici, fauci e proboscidi
in cozzi e rapine, al celeste lardo
salendo, al morso, al sugo saligno
delle entragne, schiuse carni d’azzanno,
tuttòfaghe cavità anelanti
al convesso frutto del mondo,
carni audaci, mandibolari
dove siete?
Carni vere, indubitabili
di predatore ominide, in corsa
con mani dal pollice opponibile
a sciabolare lame di selce
nella scia dell’orso ferito,
carni di Tarzan, di villoso
yeti delle nevi, di mister
Hyde, schiumante nell’orbita
pazza dei bisturi, carni
senza verbo, ululanti e ridenti
nel cerchio di pugilati e copule
senz’altro cielo che il pargolo
digesto, il pasto del vicino,
carni che i conati scuotono
febbrili dal pozzo di viscere
al faro di fantasie, di flebili
pensieri carnivori, fami
fonde di Minotauro: rami
di zanne che non separano l’osso
dalla polpa, il nocciolo
dal frutto, che non sanno
il crudo e il cotto . . .
Carni elementari che hanno
innocuo, in sé, il germe umano nudo
e crudo, prima del pomo cognitivo,
del crollo nei torti ritardi del cervello,
prima dei digiuni e delle diete, del cibo
simulacro delle cifre e delle righe,
carni acefale, cannoni d’escrementi
che serpi di fango restituite
al fango da cui sorgete: vermi
grassi d’ogni veleno terrestre,
d’ossidi e acidi, piombo e pece,
carni che interne vi scorticate
di scarti, e scisse vi sparpagliate
in tumuli di feci, carni di buon
selvaggio, rimpiante e desiderate . . .
Carni d’incommensurabile felicità
non tornate, state pure dove siete
nel mito, nell’assioma di fumetto,
nel sogno usurato, a noi le teste
di paglia – che a fuoco lento e tanto
fumo vanno – restano, per il corto
rogo che ci è dato: il residuo istinto
è nel refuso, nel punto mancante
della i che un correttore zelante
supplisce. (Per dose somma
di lumi, galatei, pedagogie
spossata è la felicità dei sensi,
ma s’illude e sferza con artificio
infebbrata nella giostra di protesi:
con indosso la muta elettronica
il mite cittadino caccia il giaguaro
ruotando casalingo su se stesso.)