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Posso aggiungere solo che incontro
sullo stradone ogni mattina
i pioppi, e uno per uno
fogliano lenti e insieme fanno il tempo.
Ogni giorno anche loro cambiano,
li indovino nel verde più intenso
(vorrei fermarmi, guardarli uno per uno)
e quando ritorno, ogni giorno, nell’altro senso,
li perdo – e allora penso: passano.
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Ruotano intorno al noce le cinque case,
la terra dolce arata, la strada alta.
Anche i nuvoloni e il muro di pietre
ruotano dolcemente intorno al noce.
E chi si ferma a comprare dei fiori bianchi
sotto il tendone all’incrocio nel camper
intorno al noce ruota e non se ne accorge.
Viene a incontrarmi, calcolando il metro
del mio passo, la curva dello sguardo
fuori di me, il noce intorno ruotando.
***
Questa mattina la stagione sta.
Gemme, erba, aria pungente.
Cifre sullo schermo obliquo al ponte.
Nell’aldiquà più irraggiungibile
la stagione: nel tatto,
se le mani restano aperte
all’aria – sta nel pensare,
se i pensieri spariscono al suo stare.
Fuori stagione torna un tempo così.
Torna un morso che non lascia segno.
Da bambino sentivo come un far male
non essere un cane, un pettirosso.
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Il corpo diventa forma del tempo
nella mia mente, la fabbrica di cucine,
la brina del fosso, la luce gelata
piano riunito uno sguardo differente,
viene un bambino e corre con me,
vengono i vecchi malati di presente,
vengono i miei genitori giovani,
i morti che mi accompagnano sempre
soprattutto seguendo le acque,
soprattutto quando il freddo sa
di incenso e legno, l’alito denso
delle cucine alla vigilia di Natale.
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La parola sempre non vuole dire uguale
domani,
o che ripete questo giorno la sua luce
di rivelazione –
dico sempre e vuol dire che il colore
di questa giornata ha infiltrato i giorni
miei tutti,
si è ritrovato, nel passato, e in questa luce,
che lo ha conosciuto,
ha radunato il pensiero.